venerdì 17 luglio 2009

Si accorciano le vacanze degli Italiani

Si fanno meno vacanze, il numero totale dei giorni si è ridotto di un terzo in due anni. Per quei pochi giorni, inoltre, si spende sempre meno (- 18%). Il fatturato delle imprese turistiche è in caduta del 15%. Le presenze negli alberghi sono crollate del 6,7%, quelle degli stranieri in Italia addirittura dell’11,5. Tutto questo in un anno. E lo spettro della disoccupazione aleggia minaccioso sui 2 milioni di dipendenti del settore.

E’ mezzogiorno di una torrida giornata romana e il presidente di Confturismo (nonché di Federalberghi e vicepresidente di Confcommercio) Bernabò Bocca, legge mestamente questi dati: per il turismo il 2009 è un anno orribile, una disfatta su tutto il fronte. La platea degli astanti (tutti del ramo) trasale, perché esattamente il giorno prima il premier Berlusconi aveva parlato del settore come il sol dell’avvenir («Si temeva potesse contrarsi e invece la caduta non si è verificata, anzi c’è stata una tenuta»; e poi ancora: «oggi il turismo vale il 10% del Pil ma l’obiettivo è di arrivare al 20% entro fine legislatura»).

Le parole di Berlusconi, peraltro, erano state riprese dal ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla che aveva parlato di un lusinghiero incremento del 7,8% solo nei primi cinque mesi di quest’anno. Confturismo non vuole fare polemiche. Il ministro ancora meno. Ma i numeri sono numeri, e quelli degli imprenditori sono radicalmente diversi da quelli del governo. In effetti, dicono gli operatori del settore, c’è stato quest’anno un lieve aumento degli italiani che vanno in vacanza: +1,5% (erano il 49,7% del totale sono il 51,2), una cifra ben più modesta di quella fornita dal governo che parla di un incremento di 11 punti percentuali, e di una massa di italiani in vacanza pari al 76% della popolazione. Federconsumatori aveva già fatto sapere che i numeri del governo erano campati per aria, ma tant’è.

E comunque - per tornare a Confturismo e alla sua ricerca - la situazione è drammatica. Se è infatti vero che c’è stato un modesto incremento di quanti si sono concesso un break, è diminuito drasticamente (-18%) il budget messo a disposizione per le ferie (710 euro pro capite contro gli 861 dello scorso anno) e sono anche diminuiti i giorni: non più le classiche due settimane, ma una cifra oscillante tra i 10 e i 12 giorni. Se si somma la contrazione di giorni di vacanza di quest’anno con quella dell’anno scorso, le vacanze degli italiani si sono ristrette di un terzo. Il turismo alberghiero è sceso solo nel 2009 del 6,7%, quello legato ai pacchetti-vacanza venduti da agenzie e tour operator, di quasi il 20%.

Non meraviglia, in tutto questo, che il fatturato del settore pianga una raggelata del 15% rispetto allo scorso anno. Il 74% degli italiani in vacanza preferisce il patrio suol, ed esattamente il mare in ragione del 73%, con una preferenza massiccia per il mese di agosto (55%) e per le economiche e organizzate spiagge della Romagna e della Puglia. In ribasso, invece, la Sardegna e altre località percepite come «ricche» (esempio le piccole isole). All’estero va solo il 23% dei vacanzieri, scegliendo le capitali europee al primo posto (45,7%), New York (17,1%) ma anche i mari tropicali (16,4%). Quell’11,5% di stranieri che manca all’appello è costituito soprattutto da americani - ha detto Bocca - e poi da inglesi. Quanto ai russi, che sembrava potessero diventare una nuova importante risorsa, il flusso si è interrotto.

Il problema è sempre quello della concorrenza che arriva da paesi simili al nostro per molte caratteristiche, ma meglio organizzati e più economici, per esempio la Spagna. Ma anche la Francia, dove un taglio netto dell’Iva (portata al 5,5 per il turismo) ha ridato fiato al settore. E poi gli operatori chiedono una promozione seria che miri al marchio Italia piuttosto che frantumarsi in campanilismi regionali, e anche un differente accesso al credito per non strozzare gli operatori.

Il ministro Michela Vittoria Brambilla ha sostenuto, nei giorni scorsi, che le doléances che vengono dagli operatori non danno una chiara diagnosi della situazione, perché si fondano sulle presenze alberghiere, mentre queste rappresenterebbero solo il 50% dell’intero movimento turistico. Bocca, ieri, ha smentito questa tesi sostenendo - con i numeri che derivano dalla propria ricerca - che la rete alberghiera raccoglie «ancora» almeno il 70% degli spostamenti.

Via | lastampa.it

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