lunedì 24 agosto 2009

Cincinnati, vince Federer

CINCINNATI - Roger Federer è davvero tornato. E chi ne decretava l'imminente fine - questa volta a causa della distrazione da (doppia) paternità - dovrà nuovamente ricredersi. Lo svizzero trionfa a Cincinnati, batte Djokovic 6-1 7-5, con lo stesso piglio con il quale ieri aveva respinto l'assalto di Murray. Il modo in cui il n.1 al mondo vince il Masters 1000 nordamericano, sia per il livello di gioco prodotto che per la perentorietà con la quale lo svizzero esce da una due giorni nella quale si incrociavano i top four, sono i chiari sintomi di un giocatore tutt'altro che appagato dai 15 Slam, tutt'altro che distratto dalle recenti evoluzioni familiari.

Forse, stavolta, aveva ragione. Lui che è sempre stato un fenomeno limitato - in parte, visti i risultati - dall'emotività, aveva detto una prima volta, dopo il successo di Parigi, che da quel momento in poi avrebbe giocato senza pressione. Ed era sembato davvero così per tutto il torneo di Wimbledon. Ma poi era arrivata la finale. E la partita, merito anche di un grandissimo Roddick, ma anche colpa dei fantasmi residui che ancora albergavano in Roger, il record di Sampras, la parata di leggende che lo stavano guardando, Pete in primis, il ricordo della finale persa l'anno prima con Nadale - era diventata un infinito tormento.

Federer, nel modo incredibilmente bello per quanto è stato estenuante, ne era uscito, e lo aveva ridetto: "Non ho più nulla da chiedere alla mia carriera, d'ora in poi giocherò senza pesi". E stavolta sembra vero. A Cincinnati, nelle ultime due partite - quelle che contavano - si è rivisto un Federer stellare. Capace di annichilire gli avversari più ostici, quelli che di recente lo avevano spesso battuto e ne avevano messo in dubbio la supremazia. Capace di giocate stellari come e persino più che in passato. Roger che colpisce quasi solo di controbalzo, che attacca con la palla corta sulle risposte al servizio e poi chiude con delizie al volo. Roger che magari si prende le sue pause, ma che poi, nel momento in cui gli avversari cominciano a crederci, torna a martellare più di prima.

La finale con Djokovic è quasi la fotocopia della semi contro Murray. Federer si invola nel primo set dopo un lunghissimo secondo game in cui ottiene il break. Djokovic potrebbe anche fare di più, ma la gran parte del merito va allo svizzero che gli ruba sistematicamente il tempo. Il primo gioco del serbo arriva sul 5-0 per l'avversario e il 6-1 segue inesorabilmente.

Sembra tutto facile ma ecco la pausa. Una palla colpita male, uno smash non chiuso per eccesso di sicurezza, e Federer subisce il break nel secondo gioco del secondo set. Il serbo trova fiducia, continua a pressare e va 3-0. Lo svizzero, però, non se nè andato e raddrizza subito il match, portandosi sul 3 pari. Si va avanti senza break fino ma sul 4-5 e servizio, Federer deve affrontare un 30-40 che vale un set point. Ne esce con 3 prime palle di servizio ingiocabili, non darà più altre chance. E sul 5 pari 30 pari e servizio, il serbo gioca una delle sue improbabili smorzate che spesso gli costano punti anche importanti. La palla corta si ferma sul nastro, Federer va al break point e non fallisce. Il game successivo è poco più che una formalità

Per Federer è il 61mo titolo in carriera. A Cincinnati vince per la terza volta, gli era già riuscito nel 2005 e nel 2007. "Ho imparato a cambiare i pannolini, ormai gli uomini lo fanno - ha detto durante la cerimonia di premiazione, raccontando che la sua presenza nell'Ohio e anche nell'imminente (via il 31 agosto) Flushing Meadows, era fortemente in dubbio. "Il parto è avvenuto in anticipo, altrimenti non so se sarei potuto essere qui e a New York". La capacità di farsi trovare pronto agli Slam - non manca una semifinale da Parigi 2004, ha partecipato a 20 delle ultime 25 finali, vincendone 15 - è evidentemente una delle tante sfaccettature del suo immenso e impareggiabile talento. A prova di paternità.

Via | repubblica.it

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