lunedì 17 agosto 2009

Benigni a L' Aquila

La passeggiata sulle poltrone in platea è come quella della notte degli Oscar, scombinata, euforica, acrobatica. Stavolta, però, il premio dovrebbe andare al pubblico, oltre 1200 spettatori che hanno accolto Roberto Benigni con entusiasmo sincero, provando a dimenticare, almeno per un pomeriggio, la condizione di terremotati. Lui li ricambia subito: «Vi vorrei saltare addosso, baciarvi sulla bocca. Bacerei anche le pietre di questa città». Poi parte in quarta, obiettivo il premier, l’altroieri all’Aquila: «In questi giorni sono venuti qua i tre più grandi comici d’Italia, il 15, per Ferragosto, è venuto il più grande di tutti». D’altra parte, conviene il toscanaccio, Berlusconi «è come l’Italia, giusto o no che sia, è il mio Paese. Sbagliato o sbagliato che sia, è il mio presidente». Il punto ora sta nella ricostruzione, e Benigni non molla la presa: «Ho parlato con la Protezione Civile, anche se per qualcuno ci vorrebbe la protezione penale... comunque, non vi preoccupate, Berlusconi manterrà le promesse, io e Bertolaso siamo andati a trovarlo, vestiti di nero, con poco trucco, come piace a lui, e glielo abbiamo raccomandato». Se la promessa non sarà rispettata «andiamo a Villa Certosa e non ce ne andiamo finchè non ce la da’». Il capo della Protezione Civile Bertolaso dovrebbe occuparsi d’altro: «Ci deve proteggere anche dallo straripamento di Berlusconi, aiuto Bertolaso, proteggici!». E che bello se il premier fosse qui: «L’avrei terremotato, gli saltavo addosso, me lo mangiavo vivo, facevo una scossa di quinto grado».

Lo show in palcoscenico è un ritorno alla vita perchè la visita nelle tendopoli è stata dura. Benigni l’ha affrontata con trasporto, ma a Onna, sotto l’«Albero della memoria», accanto a Giustino Parisse, il vicecaporedattore del Centro che nel sisma ha perso due figli e il padre, è apparso pallido, commosso, per un attimo incapace di ridere e far ridere. Fino ad allora ce l’aveva messa tutta, al campo 3 di Paganica ha preso in braccio la cuoca Valeria come se fosse Berlinguer, poi si è messo a servire pietanze. Ovunque ha stretto mani, parlato, chiesto informazioni, alla ragazza Noemi ha ricordato: «Non c’è solo la Noemi di Berlusconi! Sai che il tuo nome viene dalla Bibbia?». Alla signora Rossana che si fa fare l’autografo in petto, scrive: «Mi porti in seno», a Pia, che ha un braccio ingessato, augura: «A Pia, questo gesso vada via!». Per tutti la raccomandazione è chiara: «Se c’è qualche ingiustizia ditelo, urlatelo».

Nell’Auditorium della Guardia di Finanza di Coppito, l’attore lancia fiori sul pubblico: «Al G8 non mi hanno invitato, sono venuto ora, questa è una specie di G1, la mia gioia di essere qui è immensa, la cosa importante è che il dolore può essere trasformato in gioia». Il terremoto, dice Benigni, «fa pensare che non siamo niente e che i fatti del mondo non sono la fine di tutto». E’ il momento di Dante, monologo di Ulisse dal canto XXVI dell’Inferno: «Non conosciamo niente di questo mistero che ci attraversa e ci attanaglia». La fine arriva presto, per alcuni anche un po’ troppo, insieme agli applausi, dopo il saluto, vola qualche fischio e tanti rimangono in piedi ad aspettare, magari c’è un bis: «Spero di tornare quando la ricostruzione sarà avvenuta, per gioire con voi e andare tutti insieme a riveder le stelle». Bertolaso è contento: «Ci tenevamo moltissimo, volevamo che Benigni venisse in un momento in cui tutti pensano a se stessi e invece bisogna pensare all’Aquila». Alle porte dell’Aquila, davanti a un bar prefabbricato, Ferdinando, 33 anni, e Krisna, 19, si sono persi lo spettacolo: «Non sapevamo che c’era Benigni, ma anche se andavamo magari ci voleva il passi e non si poteva entrare... In questo tutto è rimasto uguale a prima».

Via | lastampa.it

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