venerdì 21 agosto 2009

Bolt oro e record anche nei 200 metri

È il posto giusto per buttare giù muri, a Berlino Usain Bolt ha annullato le distanze tra essere umano e superman, ha corso i 200 metri in 19"19, ha sgretolato un altro primato, senza rispetto per il tempo, per i centesimi che di solito scendono a gocce col passare degli anni, limati con pazienza e rarità mentre lui fagocita ogni limite che incontra, senza pudore.

Record del mondo anche nei 200 metri, solo che la parola non rende più l’idea, è il record di Bolt, di un mondo diverso da quello che c’era prima, di un pianeta dove si mangiano patate Yam, si va lenti nella vita e supersonici in pista, dove la velocità si affronta in maglietta di cotone e al diavolo i tessuti tecnologici indifferenti all’aria. Lui assorbe vento, tifo, energia, non c’è nulla che voglia evitare e si nutre della bolgia che si scatena appena si muove. Non si riesce a stargli dietro, gli avversari hanno mollato da tempo l’idea di resistere alla sua curva perfetta. I 100 metri sono una cannonata e già lì non c’è storia, ma i 200 sono peggio.

Non lo vedono, non lo sentono neanche, Alonso Edward, da Panama, si prende l’argento a 19"81 e l’americano Spearmon arranca al bronzo in 19"85 e lui supera la sua ombra come se lo show fatto a Pechino l’anno scorso (sempre il 20 agosto) non fosse già magia, già oltre l’impensabile. Allora corse in 19"30, distruggendo quello che era stato fino a lì un riferimento invalicabile, la barriera alzata da Michael Johnson dal 1996 al 2008: 9"32.

Era storia, ma due centesimi non sono il tipo di storia che accontenta Bolt. Lui non ha il senso della misura, è di per sé un nuovo metro per l’atletica e quel mondo lo sa, lo ribattezza «messia»: non c’è ritegno nell’esaltazione. Le vittorie extralarge avrebbero bisogno di un nuovo vocabolario, Usain stritola anche le parole. Attesa, non significa più ansia che cresce, stomaco chiuso, energia e concentrazione da pescare in qualche luogo nascosto della mente, per Bolt è uno stato d’animo di totale relax. Quando lo dice viene voglia di non credergli, «non sento la pressione» sembra una frase slogan per la jamaican way of life, ritmi tropicali e cocktail con cannuccia colorata. Solo che poi scopri che prima dello start, quando per le persone normali è il tempo di tremare, lui gioca a basket.

Nella stanza di chiamata, con il rumore dello stadio che già batte i piedi per la fretta di vedere la gara, Usain Bolt cerca di lanciare lo zaino nel cesto che serve a portare i suoi vestiti. Primo tentativo a vuoto, poi sfida Spearmon e quando quello gli si avvicina per provare a imitarlo si spazzola la spalla: stammi lontano ragazzo, ma non è intimidazione, è la ricreazione del velocista. Funziona come a liceo, se il più forte fa il gradasso, gli altri gli vanno dietro.

L’uomo più veloce del mondo si è presentato allo stadio con la T-Shirt «Ich bin ein Berlino» e non è una citazione di Kennedy, è la mascotte, Berlino, l’orso gigante che lo raccoglie da terra quando stramazza dopo aver perforato il traguardo. E’ stanco, sfinito, ha il fiatone e il giro d’onore stavolta non è a tempo di reggae, è a passo d’uomo, dell’uomo caduto sulla terra.

Non riesce a tuffarsi fra i giamaicani che lo aspettano sotto la tribuna d’onore: non ce la fa più. E’ al suo quinto record in una finale, in due anni e gli manca ancora una gara, con la staffetta può arrivare a sei. Numeri impazziti, 11 centesimi sotto il tempo di Pechino, sei metri dati al secondo arrivato, viaggia alla media di 37,32 chilometri orari e arriva in calando perché ha superato ogni legge fisica per spingersi a quel livello. E l’occhio non può capire quello che raccontano i secondi perché ha affrontato i primi cento, quelli con la curva, a 37,89 km/h e il rettilineo a 37,15 km/h, cioè ha sfidato la parte più complicata e ceduto sul lanciato dove di solito si libera tutto. Lui corre al contrario, non segue le regole.

Shawn Crawford, il muscolatone arrivato quarto, aveva predetto 19"28, Michael Johnson, ex padrone della distanza, aveva spiegato che era impossibile indovinare il risultato: «Non c’è mai stato nessuno come lui, non ci sono confronti, può fare anche il primato dei 400 metri se ci si mette, è assurdo, allucinante. Il migliore di sempre». E’ uno che abbatte muri a falcate e domenica il sindaco di Berlino, Klaus Worwereit, gli regalerà un pezzo di muro vero, quello che separava Est e Ovest. Anche Bolt ha tolto di mezzo un confine, ha unito l’uomo al soprannaturale.

Via | lastampa.it

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