
Come diverte notare la continua intersezione dei piani pubblici e privati, nella vita, a tratti angosciante, degli arbitri in trasferta continua, tra alberghi freddi e spogliatoi obituari, dove in ogni caso trionfa lo spirito di gruppo (i tedeschi, vedendo come si abbracciano i fischietti, baciandosi anche, le mani nelle mani e la bandiera in pugno, prima di entrare in campo, parlerebbero di «Männerbund», cioè di lega maschile, anche vagamente omoerotica). E che dire della signora Rosetti, che dice alle amiche: «Carine le nuove maglie azzurre, eh?», mangiando la pizza davanti alla tivù, mentre il marito, in campo, suda sette camicie e fa gesti da duro. «Mai vista, in casa, quella faccia lì», fa lei in salotto. È, insomma, l’operazione simpatia da parte Uefa, grazie a una sorta di reality, dove gli arbitri, ripresi in diretta, dicono quel che tutti vogliono sentire. Parolacce comprese (e veniamo a sapere che il compito Michel Platini ha insultato, in tedesco, l’arbitro Roth a Tokyo, dopo un goal annullato). «La selezione delle riprese, nel film, serve a mostrare gli arbitri come sono, mentre s’impegnano a far bene la partita», spiega Collina, abbronzatissimo e pronto alle nuove sfide dell’Europa League. «Perché c’è una partita sul terreno di gioco, vista dagli umani, spettatori compresi, ed esiste una partita di macchine e tecnologie: devono avere pari dignità. Gli arbitri applicano le regole, non le fanno. E oggi la posizione è chiara: si privilegia la soluzione umana. Errori compresi». E proprio il lato umano, quindi fallace, emerge da Les arbitres, che narra le storie di alcuni arbitri del Campionato europeo di calcio 2008, alquanto chiacchierato dalla tifoseria e dai piani alti della lobby del pallone.
«Se subiamo pressioni?», ride Collina, lasciando intendere più di quanto non voglia. «Non è divertente vivere nove mesi sotto scorta di polizia, anche se pare uno status symbol. Personalmente, mai pentito della mia carriera. Il momento più bello è stato quando, tra i 17 e i 21 anni, ho arbitrato calciatori più grandi di me. Quello che conta, quando si è in campo, è prendere la decisione giusta. E far conoscere il nostro mondo al pubblico, serve a portare un sassolino alla diga antiviolenza, ora così necessaria».
Via | ilgiornale.it
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